Omelia della Solennità dei Santi Pietro e Paolo

Fratelli e Sorelle carissimi, Pietro e Paolo rappresentano la forza la bellezza del mistero di comunione presente in Cristo, nella Chiesa. Paolo, convertito sulla strada di Damasco, divenne subito un silenzioso orante delle regioni deserte d’Arabia (Gal 1,17) seguendo il percorso di Gesù che, prima della vita pubblica, si recò nel deserto. Poi andò a predicare ai Giudei di Damasco, proprio nella città dove voleva portare la devastazione tra i cristiani (At 9, 20s; 2Cor 11, 32-33). Dopo tre anni, Paolo andò a Gerusalemme desideroso di incontrare la comunità cristiana e gli apostoli. Chi superò ogni paura nei suoi confronti, dato il suo passato di persecutore dei cristiani, fu Barnaba che lo condusse dagli apostoli e così poté conoscere Pietro, presso il quale stette 15 giorni (Gal 1, 18s). Questi quindici giorni furono di importanza capitale per Paolo. Conoscere Pietro, la parola di Pietro su Gesù, fu per Paolo un grande evento di grazia e di comunione ecclesiale. Dal punto di vista umano i due erano destinati al massimo a restare l’uno accanto all’altro, non di più, data la loro diversa personalità. Pietro era di origini umili, di istruzione molto modesta, Paolo invece era stato formato ai piedi di Gamaliele ed era abituato ad usare l’autorità. Pietro era di temperamento emotivo, l’altro aveva la tempra di un condottiero. Paolo era fatto proprio per mettere soggezione a Pietro, mentre Pietro era fatto per subirla in prima battuta, ma per svincolarsi poi emotivamente da lui; eppure, i due furono un cuor solo e un’anima sola. Prodigio dell’unione fraterna in Cristo. Paolo prese la strada di annunciare Cristo ai pagani, visto che presso i Giudei di Gerusalemme non sarebbe stata accettata la sua testimonianza. E’ in questo momento che Paolo ebbe da Dio la rivelazione (2Cor 12, 1s) di come doveva essere l’annuncio di Cristo presso i pagani. Non la circoncisione, non le pratiche giudaiche, ma la fede in Cristo Salvatore. Non le prescrizioni della Legge, esasperate da una somma di norme fatte apposta per soffocare il contenuto profondo delle dieci parole del Sinai, ma la giustizia che nasce dalla fede e dall’imitazione di Cristo, modello perfetto dell’amare. Quattordici anni dopo Pietro e Paolo si rividero a Gerusalemme. Paolo vi andò per presentare il Vangelo che annunciava ai pagani al fine di avere l’autentica da Pietro. Il pericolo era costituito dai cristiani provenienti dal giudaismo che affermavano la necessità per i pagani che volevano farsi cristiani dell’ osservanza delle norme mosaiche riguardo ai cibi e alla circoncisione (Gal 2, 2), e che perciò minacciavano di far saltare tutta l’opera di Paolo. Paolo espose a Pietro il suo Vangelo ricevendone l’approvazione, insieme a quella di Giacomo e Giovanni , che erano presenti a Gerusalemme (Gal 2, 6s). Un dato importantissimo risalta subito; Paolo non va solo all’uomo Pietro, ma innanzitutto a Pietro in quanto Cefa (Pietra). Paolo sa che dopo Pietro un altro prenderà il suo posto, poiché Pietro è portatore di un’autorità che non si esaurirà in lui. “Quali fossero allora non mi interessa” dice Paolo nella lettera ai Galati, non a presentare una noncuranza verso le persone, ma a sottolineare il suo rapporto con Pietro autorità per un Magistero di verità e di comunione primario nella Chiesa. Seguì, a breve distanza di tempo, un altro incontro tra Paolo e Pietro, ad Antiochia. Un incontro nel quale si manifestò la difficoltà di comunione tra i cristiani provenienti dal giudaismo e quelli provenienti dal cristianesimo. Alcuni giudeo-cristiani da Gerusalemme erano andati ad Antiochia per spiare il comportamento di Pietro circa il caso dei cristiani provenienti dal paganesimo. Tutto diventò difficile perché Pietro prendeva cibo con i cristiani provenienti dal paganesimo i quali non facevano questione di cibi mondi o immondi. Così Pietro pensò di non prendere più cibo coi pagani, ne seguiva che involontariamente Pietro veniva a sancire l’esistenza di cristiani di categoria A e di cristiani di categoria B. Pietro consegnava la vittoria ai giudeo-cristiani costringendo i pagani che volevano diventare cristiani di categoria A ad adottare i costumi giudaici. Introdurre le classi dentro la Chiesa era tradire Cristo. Paolo nella difficoltà di quel momento si rivolse a Pietro chiarendogli il potenziale dramma della situazione. Non può sfuggire a nessuno che Paolo annunciatore dell’unità del corpo mistico di Cristo non fa scismi, non li pensa neppure, non sbatte la porta sdegnato ma rimane unito a Pietro. L’incidente di Antiochia manifesta in pieno l’amore di Paolo per l’unità della Chiesa e la sua sottomissione all’autorità di Pietro. Paolo non cerca da Pietro una convalida burocratica per se stesso, ma l’attuarsi della comunione per la quale si adopera infaticabilmente. I due vissero con le loro persone il mistero di unità che Cristo aveva portato nella storia abbattendo il muro di divisione tra giudei e pagani. I due si incontrarono di nuovo a Roma, ma ebbero contatti anche prima attraverso comuni collaboratori come Marco (Col 4, 10; 2Tm 4, 11; Fm 24; 1Pt 5,13) e Silvano (2Cor 1, 19; 2Ts 1, 1; 1Pt 9, 7). A Roma poi entrambi sostennero il martirio durante la persecuzione di Nerone. La lettera ai Galati, che presenta oltre i primi due incontri di Paolo con Pietro, l’incontro difficile di Antiochia rivela la reciproca grandezza dei due apostoli uniti tra di loro nell’amore della verità, essa è veramente l’ouverture di tutte le lettere di Paolo, la lettera dell’unità in Cristo e nella Chiesa. Lutero usò la lettera per giustificare la sua posizione, chiamandola addirittura “la sua sposa”, ma questa lettera mai accetterà di essere sposa della divisione essendo una bandiera dell’unità. Lutero vedeva nel contrasto di Paolo con Pietro la legittimazione della sua rottura con il successore di Pietro, la giustificazione della sua protesta. Vedeva nella lettera l’affermazione che si è giustificati per la fede e non per le opere della legge, ma non osservava che per opere della legge Paolo intende le prescrizioni della circoncisione, dei cibi mondi e immondi, nonché tutta la casistica rabbinica corredata dalla visione di un Messia terreno, totalmente distante dal Messia Gesù, non certo la Legge scritta sulle tavole del Sinai che Gesù portò a compimento. Lutero introdusse nella Scrittura il virus dell’autogiustificazione che corrose la retta interpretazione delle stesse. Che cos’è il virus dell’autogiustificazione di Lutero? E’ questo. Ridurre il peccato a semplice debolezza umana per cui si è deresponsabilizzati. Il peccato diventa in tal modo solo un fatto nominale. Si è salvi quindi non perché si opera bene o male, ma perché si crede in Cristo. Con ciò si viene a reputare di andare un giorno in cielo a prescindere dalla ogni verifica. Tale convincimento, dovendo pur derivare da qualcosa, Lutero lo fece risalire in toto a Dio, che lo comunicherebbe a chi giudica di voler salvare e non a chi vuole mandare all’inferno. Così Lutero separandosi da Pietro, fatalmente si separò pure da Paolo, infatti Paolo e Pietro formano un’unità inscindibile, che noi oggi celebriamo.

Laudetur Iesus Christe. Semper Laudetur

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